giovedì 17 aprile 2008

Rebecca a Manderley


Piove, questo è certo. Ed esistono ancora le mezze stagioni, qualcuno dovrà trovare il coraggio di ammetterlo. E il mio voto alle elezioni si è rivelato perdente.
Date le premesse, non mi resta che accucciarmi sul divano e guardare un film in bianco e nero: solo l'idea mi mette di buon umore.
Ho letto di recente di una fiction sulla Rai ispirata al film di Hitchcock "Rebecca la prima moglie" (solo "Rebecca" nella versione originale) e per fortuna l'ho trovato sui miei scaffali.
"Last night I dreamt I went to Manderley again" è il celebre inizio del libro della Du Maurier e del film.
Rebecca e Manderley sono due presenze e due ossessioni che incombono su tutti i personaggi del film, e in cui si distingue il tocco da maestro di Hitchcock, alla sua prima prova hollywoodiana (ammetto di essermi lasciato sfuggire il solito cameo del regista e di averlo scoperto su Wikipedia).
La storia parte in una vacanziera e soleggiata Montecarlo, dove una vivace ragazza arriva come segretaria al seguito di una buffa ricca zitellona. Mi sono chiesto per tutto il film il nome della poveretta, interpretata da Joan Fontaine (sorella della Melania di Via col Vento!) e proprio non mi veniva in mente, ero convinto di non ricordarlo come spesso mi succede quando guardo un film in lingua originale - a proposito, sbaglio o Laurence Olivier parla alla velocità della luce? Invece la protagonista non viene mai chiamata per nome, ma solo Mrs De Winter, per accentuare ancora di più il contrasto drammatico con la celebre, inarrivabile, bellissima, amatissima, famosa fin dal titolo Rebecca, la prima moglie, appunto.
Certo che Alfred aveva un suo gusto sadico verso le protagoniste: a volte le fa morire poco dopo l'inizio del film, a volte le fa morire due volte, altre volte non le nomina nemmeno.
La storia prosegue poi a Manderley, splendido luogo gotico in Cornovaglia: mi piacerebbe andarci, qualcuno ci è stato e mi può dare suggerimenti?
Qui la donna senza nome proprio trova ad accoglierla a braccia aperte: una schiera di domestici inutili, un amico di famiglia piacione, una cognata schietta, una governante con scritto in viso "sono in un film giallo", un pazzo in una capanna e tanta, tanta simpatia.
Pare che Hitchcock abbia tentato di cambiare la storia, ma gli fu impedito.
Mi ha colpito il curioso andamento del film con un inizio da commedia, uno svolgimento da giallo gotico, ma senza un vero delitto, un finale da film giudiziario, e un finalissimo folle e fiammeggiante.
Film da vedere: si consiglia di scegliere una serata piovosa, di avere una coperta o un gatto per scaldarsi e di avere un rapporto conflittuale con la ex del proprio amato (che merita di morire solo in quanto tale, e che infatti muore, e nel più soddisfacente dei modi).
La morale del film: se volete farvi un vestito in casa, prendete spunto da un numero di Burda e lasciate perdere i dipinti di famiglia, che sicuramente avete sul camino.
Voto finale del blogger: molte palle.

Qui trovate il trailer dell'epoca. Vi avverto: praticamente si capisce tutto!

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