martedì 22 aprile 2008

Bette Davis eyes


Come cantava Kim Carnes "she'll take a tumble on you/roll you like you were a dice/until you come out blue/she's got Bette Davis eyes".
Finalmente ho visto un grande classico dei melodrammi in bianco e nero, uno dei capolavori di Wyler e una delle grandi prove di attrice di Bette Davis: "The letter", che in italiano è stato tradotto, quasi alla lettera, "Ombre Malesi"!
In effetti nel film hanno un ruolo centrale la lettera, le ombre e la Malesia.
La storia, tratta da un racconto di Maugham, ispirato a sua volta a una storia vera, si svolge in una piantagione di gomma e ruota attorno a un delitto passionale e appassionante. La scena iniziale del film è da antologia: da una carrellata su una pianta da cui cola gomma, ai malesi che dormono all'aperto sotto un cielo ombroso e lunare, fino a un colpo di arma da fuoco e a una folle Bette Davis che infierisce su un cadavere.
Legittima difesa o omicidio passionale? Questo il dilemma che tiene avvinto lo spettatore per gran parte del film, anche se personalmente sono stato a lungo rapito dai contrasti di luce che accompagnano gli attori, da una luna di carta che appare e scompare con miracoloso tempismo, e soprattutto dai dialoghi di Bette Davis: con la pistola ancora fumante e un cadavere sotto al portico, non dimentica comunque di essere gentile verso gli ospiti, domandando come stanno i parenti, commentando il tempo e indugiando sulle quotidiane vicissitudini della vita da colonialista.
Il personaggio di Bette Davis, coi suoi grandi occhi espressivi, giganteggia nel film, sia che trascorra il suo tempo ricamando bianchi pizzi, sia che svenga sopraffatta dall'emozione, sia che si avventuri coraggiosamente nei bassifondi a incontrare la vedova del defunto.
Il film si conclude con un climax finale dove dialoghi melodrammatici, colpi di scena, stereotipi del genere, vendette e punizioni si susseguono in rapida sequenza, regalando la sensazione di avere visto proprio il classico noir passionale in bianco e nero di una volta. Evviva.
Qualche nota interessante: il libro termina in modo meno conciliante del film, con il cattivo (che non svelo) che vive felice e contento, ma la Warner pretese di cambiarlo, così come il personaggio della vedova fu modificato da una donna cinese a una euroasiatica, in ottemperanza al codice Hays.
Pare infine che Bette Davis e William Wyler, il regista, abbiano litigato su alcune battute che secondo l'attrice nessuna donna avrebbe mai pronunciato: per fortuna vinse il maschio dispotico e a noi restano improbabili dialoghi sublimi.
Giudizio del blogger: 4 palle, è una chicca da avere in cineteca.
Consigliatissimo agli amanti del bianco e nero, agli appassionati di personaggi femminili e a donne che sognano passioni proibite in lussureggianti terre lontane.

Infine ecco un bel momento dedicato ai fan della Davis e dalla sua diabolica risata:

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