sabato 10 maggio 2008

Amsterdam


Tempo fa al Libraccio, una delle poche librerie d'usato degne di questo nome in Italia (in questo inglesi e americani sono imbattibili), ho preso "Amsterdam" di McEwan, uno degli scrittori star degli ultimi venti anni. Giustamente star, a parere mio: "L'inventore di sogni" è un piccolo gioiello che si legge in un'ora, "L'ora fatale" ha un inizio difficilmente dimenticabile.
Per "Amsterdam" il buon Ian McEwan ha vinto l'ambito Booker Prize, di cui qui trovate l'elenco dei vincitori, e dopo aver letto il libro ho avuto l'impressione del classico premio dato in ritardo, e per la motivazione sbagliata, per compensare qualche premio mancato in precedenza e invece ampiamente meritato: un esempio pop in questo senso è, secondo me, l'oscar a Nicole Kidman per il naso posticcio in "The hours", quando invece lo avrebbe meritato per "Mouline Rouge".
Insomma, il libro non mi ha convinto. Intelligente, brillante, interessante, ma con qualcosa di non genuino.
Bella l'idea di aprire la storia con il funerale della vivace Molly, in cui si incontrano il fastidioso marito e gli ex amanti, tutti di un certo calibro. Un ministro, il direttore di un quotidiano e un musicista. Bella l'idea di avere tutti personaggi sgradevoli, pronti a scaricare gli uni sugli altri i loro limiti, le loro colpe e le loro perversioni. Bella l'immagine di Molly, fantasma che aleggia sul libro, seducente e libera, ma anche strumento di ricatto degli uni contro gli altri.
Brutto il finale, con un colpo di scena improbabile e troppo letterario. Dopo di che ho letto le pagine restanti in fretta, ho continuato a trovare frasi scritte benissimo, ma alla fine ho chiuso il libro con l'amaro alla bocca.
Giudizio del blogger: una palla, anche i grandi scrittori sbagliano e non diventano meno grandi per questo.
Consigliato a: chi ama McEwan e vuole terminare la collezione.
Sconsigliato a: chi si fida degli amici sbagliati e delle amanti defunte.
Una nota: leggendo, per un po' ho temuto che il libro fosse troppo intelligente per me e che Amsterdam fosse una metafora che non capivo. Poi con mio grande sollievo i protagonisti vanno in Olanda.
La curiosità: il Booker Prize ha un nome perfetto, ma in realtà Booker era il nome dello sponsor originale, una compagnia di cash-and-carry. Proprio come il Premio Strega si chiama così per la sponsorizzazione del liquore Strega.

in foto una bella libreria di Amsterdam [http://www.flickr.com/photos/bcnbits/363695635/]


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